Perchè fare Biomeccanica

IL CORPO NON DICE BUGIE. Non c'è posizione del corpo, azione, camminata o semplice movimento del volto che non esprimano un pensiero o uno stato d'animo. Se l'attore si allena a percepire con precisione queste corrispondenze e a saperle memorizzare fisicamente, potrà ricrearle ad ogni replica. Condizione indispensabile è quindi un continuo addestramento psicofisico che consenta all'attore con sempre maggior facilità un coinvolgimento delle emozioni e un'espressività che partono proprio dalla fisica meccanica del suo corpo-mente. Questo processo è garanzia di potenza espressiva, affidabilità e salute dei nervi rispetto al processo inverso che parte dal "bosco delle emozioni" per arrivare ad un preciso movimento corporeo replicabile.

Biomeccanica Teatrale è l'equilibrio degli opposti. E' quindi la dinamica che sta alla base di ogni disciplina umana che miri alla salute e all'equilibrio del corpo integrato alla mente e di ogni composizione artistica che come tale risponda alla necessità di attrarre e ed emozionare organicamente. Risulterà infatti attraente proprio perché tale equilibrio è il prodotto di un’incessante e sorprendente lotta tra gli opposti. Ed è proprio la precarietà di questo equilibrio che lo rende emozionante.

La Biomeccanica Teatrale è alla portata di tutti (vai a “A CHI SI RIVOLGE La Palestra dell’Attore”), perché questi opposti in equilibrio sono primariamente le forze che agiscono sull’equilibrio del corpo umano (o animale, o di un mare, un pianeta, etc. il Βios, appunto), e il cui sbilanciamento e ribilanciamento organizzato (dalla mente dell’uomo) e organico (cioè che mantiene una sua necessità e non si vanifica in una forma vuota) si trasforma in camminare, correre, danzare, cantare, recitare (progredire ecologicamente, nel caso si agisca sull’equilibrio di un pianeta).

Inoltre, diversamente dall’apprendimento solo mentale, l’apprendimento del corpo contemporaneo a quello della mente, che si pratica in ogni singolo esercizio del training di Biomeccanica, rimane per tutta la vita, perché diventa un processo memorizzato dal corpo, come il camminare, parlare, andare in bicicletta, suonare uno strumento, ballare il tip tap, etc., tutte cose che ormai facciamo “di riflesso”, “senza pensarci”, come una seconda natura.

Biomeccanica è innanzitutto un metodo d’apprendimento. Non si mira all’acquisizione di un’abilità ma attraverso il processo di acquisizione di quella abilità si crea una forma mentis, per cui oltre al risultato ti rimane il processo che lo ha permesso e che ti permetterà sempre di ritornare a quel risultato.

La Biomeccanica Teatrale è solo un training psicofisico per attori o performers, ma è utilissima a chiunque, anche ai non artisti, proprio perché porta ad un “sapere” fisico dell’essere umano “equilibrato” attraverso chiari esercizi e semplici giochi meccanici che hanno delle dinamiche analoghe a quelle dei processi artistici. La stessa cosa avviene nelle arti marziali o nelle filosofie orientali o in tutte le tradizioni di esercizi spirituali che nella semplice pratica quotidiana nascondono un profondo sapere.

Chiunque, anche chi non ha padronanza del proprio corpo, può acquisire questa padronanza attraverso semplici esercizi. E gli esercizi non necessariamente diventano più difficili per chi non è più principiante. Come nelle arti marziali, infatti, è il livello dell’allievo che gli consente di apprendere da quello stesso esercizio più cose e di svilupparle meglio nel training e nella recitazione. Esemplare in questo senso è l’esercizio col bastone: tenere semplicemente un bastone in equilibrio sul palmo della mano necessita di rilassamento (altrimenti non si riuscirebbe nemmeno a sentire il bastone) e ascolto (dalla pancia/centro e non dal braccio/periferia) coinvolgendo così tutto il corpo pur senza fare niente di fisicamente difficile. Ma ad un livello superiore l’allievo può capire che, mantenendo lo stesso ascolto e rilassamento, lo sbilanciamento del bastone (così come qualsiasi altro fattore esterno) potrà aiutarlo anche ad “essere deciso” (creatività originale) e non a decidere cosa fare o dove andare (diventando troppo mentale e prevedibile).

Per spiegare più chiaramente l’incessante e sorprendente lotta tra gli opposti e quindi la Biomeccanica che porta al loro emozionante equilibrio faccio alcuni esempi.

Questi opposti possono essere: la  Roma e la Lazio (se dovessi spiegarlo ad uno spettatore di una partita di calcio), i Capuleti e i Montecchi, Bruto e Cassio, il cuore e la mente di Amleto (e questa è la biomeccanica applicata all’analisi del testo cioè allo studio di QUALI sono le forze in gioco), oppure questi opposti possono essere le 2 anime dello stesso personaggio in lotta per tutto l’arco dello spettacolo con i loro chiaro scuri, i pieni e i vuoti, il legato e lo staccato, il veloce e il lento della loro composizione (biomeccanica, questa, applicata alla Regia, alla Scrittura, allo studio di COME agiscono e si distribuiscono le forze in gioco).

Ma soprattutto e prima di tutto questi opposti sono dentro l’uomo, colui che agisce nello spazio, il performer. Sono le sue intenzioni e le resistenze psicofisiche che incontra dentro e fuori di lui come il proprio corpo, la propria voce, la propria libertà improvvisativa, i materiali con cui interagisce, dagli oggetti della sua immaginazione e memoria agli oggetti fisici che usa in scena o con cui si relaziona, al pubblico stesso; tutti materiali, questi, diversi ad ogni replica (e questa è Biomeccanica applicata alla Recitazione, all’ascolto e gestione degli eventi e delle verità della scena mentre e QUANDO si svolgono, come un calciatore, che è anche allenatore in campo, potrebbe applicarla per gestire strategicamente gli eventi della partita che sta giocando).

Gli esercizi ed etudes di Biomeccanica, così come i procedimenti tecnici di tutte le tradizioni autenticamente teatrali, contengono un codice estetico. Oltre a formare il corpo, infatti, mirano attraverso un sapere fisico alla comprensione dei principi fondamentali dell'espressione scenica riscoperti in Russia da V. E. Mejerchol’d nella prima metà del 900 ma accessibili all'Occidente solo dopo il 1990. Questo training psicofisico è stato tramandato per via diretta fino agli attuali maestri della facoltà di Biomeccanica, Gennadi Bogdanov e Nikolai Karpov, di cui sono stato allievo e assistente all'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica di Mosca (GITIS) così come in italia.

In Italia soprattutto in passato si è rimasti legati ad un teatro commerciale o classico, che spesso è solo di parola o di vuoti allestimenti scenografici o coreografici, e nessuno dei due parte dalla vera essenza del teatro che innanzitutto è la sapienza del corpo-mente dell’attore in uno spazio, anche vuoto.

Spesso chi fa danza e sport ha almeno una buona disciplina, cioè quella determinazione e costanza senza la quale non è possibile ottenere certi risultati, ma spesso non ha quella forma mentis di cui scrivevo prima, che invece consente un certo distacco dalla difficoltà di quel momento e ti riporta a tutte le volte in cui si è trovato un problema simile, oppure ti da quella visione d’insieme necessaria se si vuole continuare a migliorare o, come nell’arte o negli sport di squadra, se si fa parte di una composizione.

Una cosa molto positiva dello sportivo è che deve mantenere ben chiara la necessità di quello che vuole fare altrimenti non riuscirebbe ad organizzarsi per superare quell’asticella o ottenere qualsiasi risultato. Di negativo c’è che deve solo pensare in termini di efficienza (il minimo sforzo per il massimo risultato) e non in termini di bellezza; e il suo contenuto, e ancor più la sua forma, non necessariamente devono emozionare o esprimere emozioni.

L’attore e soprattutto il danzatore invece, come tutti gli artisti, non devono vincere una competizione ma mirano solo ad emozionare, creando atmosfere e forme che spesso però finiscono per perdere la necessità di quello che si vuole fare, mancano cioè di contenuto.

L’uomo normale, infine, è sempre più disorientato e disumanizzato, ha cambiato il suo modo di vedere e non riesce più a fare tesoro delle leggi della natura, non tanto per rispettarla che sarebbe implicito, ma nel riuscire a diventare sempre più saggio e di larghe e lunghe vedute.

I grandi maestri possono usare termini e metodologie diverse ma vogliono insegnare tutti la stessa cosa. Per gli artisti in generale è saper emozionare. Per le arti performative e il teatro, come ho scritto prima, questa sapienza è la sapienza del corpo-mente dell’attore in uno spazio, anche vuoto. Questo comporta un teatro che purtroppo oggi dobbiamo specificare come teatro totale mentre prima non c’era bisogno di farlo. Il teatro vero, cioè quello sopravvissuto in tutti i continenti e in tutte le epoche, è nato come un teatro in cui l’attore è versatile in ogni disciplina performativa (recitazione, danza, acrobatica, canto, musica, improvvisazione, scrittura, regia, composizione) e in grado di esprimere ogni cosa in puro linguaggio teatrale anche attraverso una composizione di tutte le varie arti che sa padroneggiare (sinestesia).

Perciò se riconosco un attore che funziona in questo modo, che ha conoscenza di certe tecniche rispetto a un altro che le ignora, e questo si riconosce dal primo passo che compie sul palcoscenico, allora è perfetto così e basterà che impari i termini con cui io intendo le stesse cose che lui già conosce e non ha bisogno di altra scuola a meno che sia lacunoso sotto qualche aspetto. Ma se veramente ha già una forma mentis da teatro totale non avrà difficoltà ad aggiornarsi anzi sa bene che deve mantenere il suo strumento nelle condizioni migliori. Per questo ho chiamato la mia Scuola di Recitazione La Palestra dell’Attore.

Per finire vorrei dare alcuni esempi dei principi fondamentali di questo lavoro sul corpo-mente:

l'otkaz è il principio della preparazione dell'azione, sia essa un'azione fisica, mentale (ovvero un'intenzione o un'immagine), emotiva, verbale, etc.. La preparazione, come avviene sempre in natura, è un caricamento nella direzione opposta di dove si svilupperà l'azione, e questo reculer pour mieux sauter da sapere fisico deve diventare una forma mentis dell'attore. Grande importanza ha inoltre il principio del freno (tormoz) per riuscire a dilatare lo spazio e il tempo d'azione dell'attore in modo da consentirgli non solo di svolgere orizzontalmente i vari momenti della sua partitura, ma di pensare e montare in maniera verticale la propria recitazione (accenti, sottotesti, immagini, cambi di ritmo e velocità, ascolto delle variabili dell'hic et nunc, etc.). Altrettanto importante il principio del punto (tocka) alla fine della frase/azione, per dare il senso di compiutezza, per ascoltare nella pausa la reazione emotiva, per memorizzare col corpo le peculiarità fisiche (energia, meccanica, forma, equilibrio, etc.) di ogni stato d'animo, per organizzare l'intenzione e la preparazione per l'azione successiva, etc.. E poi ci sono molti altri principi come quello del contrappunto, dell'accento, del tempo/ritmo, della scomposizione e montaggio della propria partitura in sequenze di frasi/azioni, il principio pittorico del rakurs cioè la consapevolezza di quale sia lo scorcio ottimale (frontale, di tre/quarti, etc.) da offrire al pubblico, etc. etc..".

                                                                            Claudio Spadola

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Per ulteriori dettagli sulla Biomeccanica Teatrale Vai a La Lezione Tipo della Scuola Teatro Performer, alla Scuola Teatro Performer, ai Testi sulla Biomeccanica Teatrale di Claudio Spadola e alleInterviste fatte a Claudio Spadola sull’argomento.

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