Claudio Spadola
IL DIRETTORE
Claudio Spadola
Collaborazioni internazionali
Di fronte all’opportunità di quella strada scuola di Luigi Proietti che mi aveva ammesso dopo le selezioni (alle quali),
Claudio Spadola
Durante l’adolescenza decisi di voler essere diverso da mio padre, ingegnere edile ed emerito professore delle superiori. Nell’ultimo anno di liceo, che i miei genitori vollero che fosse classico, un’appassionata professoressa d’italiano, appena trasferita alla mia scuola, e i suoi incoraggiamenti verso l’analisi letteraria e il pensiero critico, mi fece innamorare di una materia, l’italiano, che fino allora mi avevano fatto a mala pena tollerare preferendole io sempre le materie scientifiche o ancor più il disegno.
A 19 anni partecipai un po’ per caso e senza alcuna velleità alle selezioni di ammissione alla scuola di Luigi Proietti più per sperimentarmi in una strada che avevo scelta alternativa a quella dei miei genitori che per determinata aspirazione artistica e insperatamente e forse anche lì un po’ per caso fui preso. Al momento di dover scegliere se fare o meno la professione d’attore, mi fermai a parlare con l’essenza di me e mi dissi: “Voglio fare teatro perché voglio conoscere me stesso. Mi basterebbe riuscire a viverci, e magari avere anche una famiglia”.
Lasciai il corso professionale della regione Lazio per programmisti radiotelevisivi che mi avrebbe instradato verso lavori molto meno precari alla Rai o in qualche neonata emittente privata, continuai blandamente il corso di laurea in Lettere e mi avventurai nel mondo del teatro.
Sprovveduto e ingenuo come ero rispetto ai miei compagni di accademia e poi ai miei colleghi attori, ci misi molti anni prima di riuscire a trovare la faccia tosta giusta per mettermi sul mercato professionale, ma in fondo e per fortuna ho sempre sentito la ricerca e la crescita prima personale e poi (o quindi) professionale come i veri motori del mio fare l’attore. Finché non trovai i maestri che mi fecero comprendere che non si può fare l’attore ma esserlo. Lo fui. Smisi di essere un falso attore e divenni credibile, per primo a me stesso. Ma ci vollero un po’ di maestri per la metamorfosi.
Ringrazio Antonio Fava che mi ha fatto innamorare di quel semplice e geniale strumento per canalizzare le energie fisico emotive e le potenzialità drammaturgiche compositive che è la commedia dell’arte. Attraverso i suoi perfetti ingranaggi e attraverso la maschera, ho conosciuto un me stesso che da tanto tempo premeva d’uscire e non trovava quella forza, quella follia, quell’organica primitività e quella poesia che la commedia all’improvviso mi ha fatto scoprire. Lo ringrazio anche per la sua generosità, stima, fiducia e amicizia che, grazie anche a sua moglie Dina, mi consentì al posto suo, appena divenuto padre, di rappresentare l’Italia all’Encuentro Teatral Tres Continentes alle Canarie con un mio appena partorito spettacolo di commedia dell’arte.
Ma soprattutto ringrazio Dominique De Fazio per avermi riportato, per la prima volta in maniera integrale e irreversibile, iniziatica di fronte al mio auspicio giuramento. Nel 1990 per essere ammessi a studiare con lui, anche ad un semplice seminario di pochi giorni, si doveva rispondere alla domanda sul perché si voleva intraprendere quel percorso (con lui). Un caro amico e meraviglioso collega, Manrico Gammarota, morto assai giovane, che allora faceva parte dei suoi numerosi assistenti e allievi, prese il questionario che avevo compilato stracciò la mia risposta a quella domanda nevralgica che credo formulai con qualcosa sullo stampo di “perché voglio perfezionare la mia professione d’attore etc. etc.” e mi disse su per giù: “Claudio, dì la verità. Tu vuoi conoscere chi sei. Scrivi allora che vuoi conoscere te stesso”. Con lui studiai, piansi e rifondai me stesso, e quindi il mio essere attore, per 5 anni.
Dal momento che fui attore volli anche essere regista e autore dei miei spettacoli anche quando erano messe in scena di testi d’autore. Poi amai e scelsi pervicacemente di immergermi e riemergere dai testi dei grandi autori, di teatro e non, quelli che scrivono col sangue. Quelli che non ci dormono la notte finché non creano quell’opera. Ma questa è una necessità soprattutto degli ultimi 20 anni, allora dovevo sperimentarmi anche come autore e regista di spettacoli da vendere. Ma per fortuna la mia essenza mi spingeva sempre e comunque al mio auspicio-giuramento iniziale, e continuai a cercare maestri. In fondo lo stesso Proietti me lo disse agli inizi. “Devi trovare un maestro” mi rispose quando alticci all’uscita da un locale in una delle tante notti dopo l’ennesima replica del Cirano in giro per tutta l’Italia, presi coraggio e gli chiesi a brutto muso: “Gigi, ma io posso fare questo mestiere?”
Ringrazio Nikolai Karpov (…) to be continued